Visto per affari: un’alternativa per il lavoro in Italia  

15 Giugno 2023

Avere degli interessi economici in Italia senza, tuttavia, essere in possesso di un titolo che consenta l’ingresso e l’uscita dal territorio in maniera agevole, può rappresentare un problema nella quotidianità imprenditoriale e della connessa attività lavorativa. In un tale contesto, il visto d’affari può rendere la circolazione dei cittadini extra UE decisamente più agevole. 

Ci sono diversi modi attraverso i quali un individuo può accedere al territorio italiano per finalità di carattere lavorativo, a seconda del Paese di provenienza (se extra-comunitario o europeo), della durata del soggiorno (se superiore o inferiore a novanta giorni), o del carattere dell’attività da svolgere (se esso abbia natura, cioè, di lavoro dipendente o autonomo o, al contrario, non connessa ad alcuna attività di lavoro).
In particolare, ai lavoratori dipendenti con nazionalità extra-UE che viaggino per un periodo non superiore ai novanta giorni totali al fine di occuparsi di attività a latere dei propri affari lavorativi (e.g., partecipare a riunioni, incontrare clienti, visitare stabilimenti, mantenere i rapporti con partner commerciali), è consentito di potersi spostare evitando determinate formalità, quali la richiesta di visti o permessi di soggiorno che, di norma, devono essere richiesti in caso di permanenza sul territorio italiano.
L’oggetto degli impegni per i quali è concesso il visto per affari riguarda principalmente l’esecuzione di attività secondarie, collegate a quella principale che guida la professione del lavoratore coinvolto e ad essa necessarie, come ad esempio la partecipazione a incontri d’affari con clienti o fornitori, la conclusione di contratti, la gestione di trattive per la vendita o l’acquisto di prodotti, o la partecipazione a fiere industriali.
La durata del visto dipende dalla natura del motivo del soggiorno, fermo restando il menzionato limite dei novanta giorni totali.
Chi richiede un visto per motivi di affari al fine di eseguire attività lavorativa in Italia, oltre che di un documento di identità valido e che resti tale per almeno i tre mesi successivi alla data d’ingresso (in maniera compatibile, dunque, con il già visto limite dei novanta giorni), dovrà altresì presentare un apposito modulo di richiesta, già compilato e firmato, in versione originale.
Al fine di poter ottenere il visto per affari ed eseguire attività connessa al proprio rapporto di lavoro, il dipendente dovrà essere in grado di attestare la propria capacità di mantenersi economicamente in Italia per tutto il periodo di permanenza, indicando in particolar modo quali siano i mezzi economici che intende usare a tal fine, l’alloggio del quale ritiene di poter usufruire, nonché l’assicurazione sanitaria sottoscritta che copra eventuali condizioni patologiche potenzialmente verificabili sul territorio. Tale documentazione non deve essere presentata al momento del viaggio né della richiesta, ma deve essere nella disponibilità del richiedente nel caso in cui venga domandata prova di tali requisiti.
Inoltre, il dipendente che si sposti in Italia per motivi di lavoro secondo le regole del visto per affari, deve essere in possesso di una dichiarazione del proprio datore nella quale quest’ultimo dia atto del rapporto di lavoro intercorrente tra i due, del ruolo del lavoratore e delle responsabilità affidate che giustifichino la trasferta in oggetto, dando atto delle sedi lavorative (o, comunque, dei luoghi nei quali le attività oggetto del visto verranno eseguite) che il dipendente frequenterà nei giorni di permanenza.
Come desumibile da quanto sopra, si tratta di un visto temporaneo che consente l’esecuzione di attività funzionali al raggiungimento di determinati scopi. Nel caso in cui la trasferta sia resa necessaria da attività più significative (e.g., la costituzione di una sede sussidiaria in Italia), a parità di condizioni, sarà necessario richiedere un visto per lavoro, con l’eventuale trasformazione dello stesso in un vero e proprio permesso di soggiorno.

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