Agli agenti non spetta l’indennità suppletiva se accedono alla pensione anticipata

21 Luglio 2023

La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che all’agente che accede alla pensione anticipata di vecchiaia non spetta l’indennità suppletiva in quanto tale ipotesi non è ricompresa tra le eccezioni di cui all’articolo 1751 c.c. che consentono all’agente che receda dal rapporto e di ottenere tale indennità.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17235 del 2023, ha confermato che l’indennità di cessazione del rapporto ex articolo 1751 del Codice Civile non è dovuta se l'agente recede dal contratto per accedere alla pensione anticipata di vecchiaia.

Sul tema occorre premettere che l’articolo 1751 c.c. prevede, infatti, che l'indennità di cessazione non è dovuta in caso di recesso da parte dell'agente, salve le ipotesi di recesso giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all'agente per le quali non può, tuttavia, più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell'attività, quali età, infermità o malattia.

Il caso esaminato dalla Corte prende le mosse proprio dall’impugnazione di una sentenza di secondo grado da parte di un agente che, dimessosi dopo aver maturato il diritto alla pensione anticipata di vecchiaia, pretendeva il pagamento dell'indennità suppletiva di clientela.

La Corte d'Appello aveva rigettato le pretese dell'agente sulla base del testo dell’articolo 1751 del codice civile, evidenziando, altresì, che anche l’Accordo economico collettivo Commercio del 2009, applicato al rapporto, riconoscevano il diritto all'indennità suppletiva solo in caso di recesso dell'agente che accede alla pensione di vecchiaia, e non anche alla pensione anticipata.

L'agente, di contro, sosteneva, che la pensione anticipata di vecchiaia doveva considerarsi rientrante nelle eccezioni di cui all'articolo 1751 c.c., trattandosi di un istituto finalizzato ad anticipare l'età anagrafica pensionabile in presenza di una considerevole anzianità contributiva.

La Corte di Cassazione, però, confermava la sentenza di secondo grado, chiarendo che l'utilizzo del termine "età" nell'articolo 1751 codice civile, accanto a quelli di "infermità" e "malattia", rende evidente la ratio legis finalizzata a limitare il diritto all'indennità alle sole ipotesi caratterizzate da impedimento assoluto dell'attività, che giustifichi il recesso che non può, pertanto, che riferirsi al concetto di raggiunti limiti di età per il pensionamento di vecchiaia.

Quanto, infine, all’eccezione mossa dall’agente rispetto all’applicabilità dell’ AEC - l'agente, infatti, sosteneva che l’AEC Commercio 2009 non prevedeva il riconoscimento dell'indennità perché l’istituto era stato introdotto nel 2011; quindi, la Corte avrebbe dovuto interpretare la norma tenendo conto del fatto che nel 2017, preso atto dell'introduzione dell'istituto della pensione anticipata, è stato introdotto il diritto all’indennità anche in tale ipotesi – la Corte ha rilevato che la circostanza per cui le parti sociali nel 2017 abbiano espressamente esteso il diritto all'indennità anche in caso di accesso alla pensione anticipata depone logicamente in senso opposto a quanto preteso dall'agente, confermando la differente volontà precedente.

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