La presente trattazione si occupa di analizzare, alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia europea sul tema, quali siano i limiti posti, a livello comunitario, all’attività del giornalista, con particolare riferimento alla libertà riconosciuta a tale figura professionale di condividere le informazioni (nel caso di specie, di carattere finanziario) di cui venga a conoscenza nell’esercizio della propria professione. L’attività del giornalista è, per sua natura, sottoposta a diverse limitazioni che devono essere tenute in considerazione ogni qualvolta questi entri in possesso di informazioni sensibili, la cui diffusione occorre sia valutata caso per caso. Di recente, la Corte di Giustizia europea (CGUE) è stata chiamata a rendere il proprio parere nel contesto di quello che veniva prospettato come un vero e proprio abuso di informazioni privilegiate da parte del giornalista, con la conseguente possibilità che la loro diffusione si configurasse come potenziale mezzo di manipolazione del contesto finanziario di riferimento. Nel caso di specie, la Corte d’appello di Parigi rinviava la decisione alla CGUE perché si pronunciasse sulla questione pregiudiziale relativa all’uso scorretto di informazioni privilegiate che abbiano avuto un effetto sull’andamento dei mercati finanziari. Il giornalista coinvolto nella vicenda, infatti, nell’esercizio della propria professione, era venuto a conoscenza di alcune informazioni sensibili che aveva comunicato, prima di pubblicarle sulla testata per la quale lavorava, a una propria fonte: tale avvenimento (che riguardava voci di mercato relative al lancio di offerte pubbliche di acquisto su società quotate in borsa) si verificava per due volte e con riferimento a due casi distinti, seppur simili; in entrambe queste circostanze, il valore dei titoli di cui il giornalista avrebbe successivamente fatto menzione nei suoi articoli si era alzato di alcuni punti percentuali. Considerando tale effetto una conseguenza illecita dell’attività professionale così svolta, la competente autorità di vigilanza dei mercati finanziari francese decideva di infliggere al giornalista una sanzione amministrativa pecuniaria pari a circa 40.000 euro. Nella sentenza in parola, la Corte europea richiamava il contenuto del Regolamento 2014/596/UE il quale, abrogando le Direttive 2003/6/CE e 2003/124/CE, offre delle definizioni rilevanti alla trattazione del caso di specie. In particolare, la normativa menzionata identifica quale abuso di mercato (che, secondo la lettera del Regolamento, ricomprende anche l’abuso di informazioni privilegiate, la loro comunicazione illecita e la conseguente manipolazione del mercato) tutte quelle condotte che “impediscono una piena ed effettiva trasparenza del mercato, che è un requisito fondamentale affinchè gli attori economici siano in grado di operare su mercati finanziari integrati”. In particolare, tale norma (art. 8) prevede, altresì, che l’abuso di informazioni, così definito, si applichi a qualsiasi persona che possieda informazioni privilegiate, per il solo fatto di avervi accesso “nell’esercizio di un’occupazione, di una professione o di una funzione”. Con riferimento a quest’ultima specificazione, il successivo articolo 21 del vigente Regolamento n. 596 del 2014 chiarisce che la diffusione di informazioni di tal sorta, laddove si verifichi “ai fini dell’attività giornalistica o di altre forme di espressione nei mezzi d’informazione […] viene valutata tenendo conto delle norme che disciplinano la libertà di stampa e la libertà di espressione in altri mezzi d’informazione, nonché delle norme o dei codici che disciplinano la professione di giornalista”; tali previsioni trovano due importanti limiti che mantengono lecita la condivisione di detti dati: da essa non devono conseguire dei vantaggi o dei guadagni per chi la diffonde, né deve essere eseguita con l’intenzione di fuorviare il mercato in relazione all’offerta, la domanda o il prezzo di strumenti finanziari. La Corte di Giustizia, all’esito dell’esame di tale vicenda, ha ritenuto che, sebbene le informazioni di cui in oggetto fossero privilegiate e potenzialmente capaci di comportare delle rilevanti variazioni nei mercati finanziari, la loro diffusione fosse stata effettuata nel contesto dell’attività professionale del giornalista che, pertanto, non poteva essere sanzionato per il solo fatto di aver agito in virtù delle prestazioni che era di norma chiamato a rendere e dalla cui diffusione (come vi era chiara evidenza) questi non avesse ottenuto alcun tipo di vantaggio, economico e non, per sé o per individui a quest’ultimo in ogni modo connessi. In conclusione, deve ritenersi che la comunicazione da parte di un giornalista a una delle sue fonti d’informazione abituali, di una notizia riguardante l’imminente pubblicazione di un articolo di stampa a sua firma che riporta una voce di mercato, avviene «ai fini dell’attività giornalistica» qualora detta comunicazione sia necessaria per permettere lo svolgimento di un’attività giornalistica, la quale include i lavori d’inchiesta preparatori alla pubblicazione e qualora essa sia conforme al principio di proporzionalità. Vi è da aggiungere che recentemente la Corte di Giustizia si è espressa ancora sulla responsabilità dei giornalisti tramite la sentenza n. 245-2020, seppure, in tale contesto, la responsabilità professionale di tale figura sia stata trattata solo marginalmente. Infatti, nella sentenza citata, i Giudici europei, concentrandosi sulla liceità della condivisione di alcune informazioni sensibili (rectius, particolari) da parte dei giudici competenti contenute nei relativi fascicoli giudiziari di un individuo e del suo rappresentante rispetto alle previsioni del Regolamento UE n. 679/2016 (GDPR), hanno colto l’occasione per stabilire la legittimità dell’operato giornalistico. Tale tipologia di professionista, infatti, aveva condiviso le informazioni relative ad un procedimento amministrativo e delle quali era venuto a conoscenza grazie ai giudici aditi a sindacare sul procedimento in argomento, i quali ne avevano diffuso i dati particolari. Sebbene, come detto, la vicenda su cui la Corte europea si sia maggiormente concentrata riguardasse, più che altro, la possibilità che, con tale condivisione, i Giudici coinvolti avessero o meno violato le previsioni di cui al GDPR, essi hanno comunque fatto riferimento alla – marginale – responsabilità del giornalista che abbia fruito di tale diffusione per, a sua volta, riportare la notizia, completa dei dati sensibili dei soggetti coinvolti, a un’utenza più ampia. Anche in questo caso, stante l’interesse alla conoscibilità della notizia, nonché il fatto che la sua trasmissione si inserisca nel più generale contesto dell’attività professionale del giornalista, è stato ritenuto che egli abbia agito nell’ambito delle proprie funzioni e, pertanto, il suo operato è stato reputato legittimo.